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Arte Medievale dell'Abruzzo
L'arte abruzzese si manifesta gigante nell'epoca medioevale, e segnatamente nei secoli XI e XII, le opere del
qual tempo segnarono gloriosa e duratura orma nella storia della civiltà di questa regione, quando ad onta di tante guerre e devastazioni l'arte fece a gara per spogliarsi
di qualunque elemento straniero, acquistando maggior
gentilezza, soavità, armonia di colorito, precisione e proporzione di disegno.
L'arte romana era cominciata a decadere fin dal tempo di Adriano e degli Antonini, e più era decaduta con
Costantino quando la sede dell'Impero venne trasferita
a Costantinopoli. In quella molle e tralignata Corte essa
da greco-romana divenne bizantina. La corruttela si propagò in Italia e per quanto qui il culto ed il gusto per le
arti romane e pei classici capolavori dell'antichità non venisse mai meno, ad onta delle scorrerie di popoli quasi
feroci, il buono stile cominciò a perdersi e l'arte s'andò
imbarbarendo.
Ma se anche nell'Abruzzo si trovano esempi di questo stile barbarico, il quale ha per carattere la poca solidità per difetto di costruzione, l'insieme tozzo e goffo,
la sovrabbondanza e il nessun gusto degli ornati, esso non
ebbe grandi manifestazioni nelle Province meridionali in
genere e nell'Abruzzo in ispecie, ove si mantenne la influenza dell'antica scuola classica.
La erronea opinione che il primo risveglio dell'arte
si dovesse alla Toscana e che prima di Gioito sovrano regnasse lo stile bizantino, trova smentita nella prova che
il movimento artistico iniziale non ebbe solo origine nella Toscana, ma esisteva già in ogni regione d'Italia; e monumenti d'ogni sorta, pitture, sculture, miniature, intagli fìnissimi, bassorilievi in marmo, bronzo ed avorio, opere insigni d'architettura rendono testimonianza che nel
mezzodì d'Italia l'arte cristiana si mantenne quasi sempre sotto l'influenza delle classiche forme.
E l'Abruzzo
è forse più ricco di tute le altre province della Penisola
di opere siffatte, le quali conservarono nella purezza dello stile, nella correzione del disegno, nella grazia e nell'eleganza delle movenze, le tradizioni della scuola classica.
L'errore propagato dal Vasari fu commesso anche da
scrittori abruzzesi che ne seguirono le orme e crederono
ravvisare in tutte le opere d'arte che decorano la nostra
regione l'influenza dello stile bizantino, mentre le interessanti opere di scultura ed architettura nelle province
costituenti l'antico Reame di Napoli, appartenendo ad una
epoca ben determinata fra l'arte antica e la moderna, si differenziano dai monumenti del resto d'Italia. Nella pittura il movimento progressivo si accentuò più che altrove e dapprima semplice nel concetto, arido nella forma,
ma inarrivabile nell'espressione, se per poco decadde sotto
il vano ingombro bizantino, riapparve però colla sua forma primitiva nel secolo XI.
Gli elementi arabo e bizantino in unione all'elemento pagano, per le tradizioni ivi durate del classico, diedero impulso al prosperare delle arti. Non vogliamo con ciò sconoscere l'influenza dello stile greco bizantino e dell'elemento arabo moresco in alcuni monumenti architettonici del mezzogiorno, negli ornati e nelle decorazioni dei medesimi; ma è certo che la
scultura e soprattutto la pittura si mantennero in genere
quasi sempre immuni da qualunque influenza straniera,
serbando un carattere proprio, formato dappresso lo studio dei modelli classici.
Lo stile bizantino innestato alle
ordinarie strutture barbariche aveva dato origine allo stile gotico od ogivale che essendo maggiormente propagato in Germania venne detto gotico-tedesco, e che secondo alcuni dovrebbe, per distinzione da quello che rinviensi
sotto la dominazione dei Goti. chiamarsi stile gotico moderno. Ma questo stile non mancava di essere talora
esagerato nei minuti ornamenti e nelle bizzarre fogge di
scompartizione, onde gli ingegni italiani si volsero a riportare l'architettura alla maniera latina.
Ma poiché essa non potè del tutto spogliarsi delle acquistate forme,
ne venne in fondo una modifica, una riforma che per lungo tempo ebbe diversi nomi, alcuni avendola chiamata
stile romano, romanzo e anche neo-corimo, altri riconoscendovi il principio così detto gotico, stile romanzogotico o romando-gotico.
Gli artisti abruzzesi seppero poi
spesso sollevarsi dalla comune schiera e, seguendo gli impulsi del proprio ingegno e le tradizioni della scuola classica, mai abbandonata, si rivelarono originali nei concepimenti e nello stile.
E l'arte cristiana corrispondente ai bisogni dei tempi e più consentanea al gusto italiano, che poteva dirsi
una continuazione dell'arte antica per lo studio e le reminiscenze dei capolavori romani e greci, si propagò facilmente nell'Abruzzo, prendendovi uno sviluppo considerevole. L'organismo della chiesa abruzzese, già fondata
nel primo secolo del Cristianesimo, era stato tanto forte
da potere sopravvivere alla caduta dell'impero romano,
come alle invasioni dei barbari.
Essa custodi non solo le
reliquie dei santi, ma pure quelle più importanti della civiltà latina, e conservò perfino le storiche tradizioni provinciali e locali.
Ad essa si deve se gli antichi nomi dei Picenti, dei
Peligni, dei Marsi non si perdettero mai dalla memoria
dei posteri.
Il vescovo di Teramo si chiama tuttora Episcopus Aprutinus, quello di Chieti Teatinus, quello di
Avezzano Marsicanus. Al principio del VII secolo l'Abruzzo vide salire alla Santa Sede Romana un suo figlio,
oriundo di Valerla, e fu Bonifacio IV (608-615), che salvò dall'imminente distruzione il più magnifico monumento di Roma, il Pantheon, donategli in seguito alle sue
istanze dall'Imperatore Foca.
La storia artistica medioevale delle province meridionali può cominciare con sicuri documenti e con non interrotte tradizioni fin dal secolo IV; opere e nomi dimenticati o non curati forniscono messe ricchissima allo studio; e non solo le opere di scultura e architettura, ma anche la pittura, la miniatura, il mosaico, e oreficeria, la
ceramica e perfino l'arte decorativa. È così fin dal IV secolo si notano affreschi, non spregevoli per semplicità di
disegno, e mosaici.
Ma poi la degenerazione delle arti,
sopravvenuta colle invasioni barbariche, cominciò a farsi sentire.
DairviII all'XI secolo Parte continuò a rimaner quasi stazionaria; nella pittura il colorito è meno vivace, la
composizione meno dotta, il disegno meno corretto.
Si
era nell'epoca in cui gli stranieri continuavano a contendersi con maggiore accanimento il dominio del mezzodì,
e le arti eran travolte nei turbini delle guerre, in guisachè
man mano che esse si allontanarono dalle classiche innovazioni greco-romane, le quali dovevano parlare più vivo linguaggio alla coscienza ed alla fantasia dei popoli,
perdevano molto della loro dignità, correttezza ed eleganza. Cosi se non si obliavano le tradizioni di un'arte classica indigena, bella ancora nei secoli IV, V e VI, questa
diventava priva di disegno nei secoli Vili e IX, e rozza e bestiale nel X, per risorgere invece naturale, disinvolta,
libera ed armoniosa nei secoli susseguenti.
I Longobardi che più lungamente rimasero fra noi
(568-774) lasciarono di sé maggiori tracce, giacché diedero il nome ad uno stile, lo stile longobardo che si manifestò dopo la loro caduta cioè dal IX al XIII secolo.
Questi, come gli altri barbari, avevano lasciato ai vinti romani l'uso delle ani, come cosa vile, le quali arti per
quanto dagli avvenimenti corrotte, avevan, lo ripetiamo,
serbato reminiscenza delle buone tradizioni dello stile classico, o a dir meglio non le avevano smarrite del tutto.
Ma quando Carlo Magno assoggettò a sé vincitori
e vinti, allora le arti divennero comuni, ed ebbe origine
l'accennato stile che si denominò Longobardo', nella pittura e negli ornati seguendo le dottrine della Chiesa ed
i commenti dei SS. Padri s'introdussero intrecci bizzarri
di linee, d'animali e di figure simboliche.
E gli artisti italiani ebbero la parte principale in questo risorgimento. L'architettura lombarda, nata nel secolo IX, col S. Ambrogio di Milano, si diffuse e predominò fino al secolo XII; predominio anche, ma via via
declinando, fino al secolo XIV e al XV.
Essa ci lasciò opere degne di singolare interesse per la schietta e giudiziosa
originalità, che la pone sopra quella della decadenza romana e la distingue dai monumenti bizantini nei quali preponderavano troppo le decorazioni in confronto della costruzione; si propagò anche nelle province meridionali e, specialmente nell'Abruzzo, per mezzo dei Magistri Comacini che ne avevano quasi l'esclusivo esercizio. E quest'arte, che non è raffinata e minuziosa come quella dei
secoli posteriori, si mostra più ingenua, più vera, più ingentilita, corretta e modificata a seconda dello spirito e
dei bisogni dei vari popoli, fornendo l'elemento a tutte
le architetture cristiane fiorite in occidente nei secoli posteriori.
Lo stile architettonico da essi adoperato fu chiamato, oltreché lombardo, anche comacino, sia pel tempo in cui si svolse, sia per l'analogia con altri stili stranieri; esso ritrae dalle chiese latine il tipo basilicale, la forma di taluni ornamenti ed alcuni metodi tradizionali di
costruzione, dalle bizantine l'uso delle vòlte e delle cupole, lo stile delle sculture, e il carattere orientale di altre
forme decorative. E mentre i caratteri negativi dell'architettura barbarica erano stati la poco solidità per difetto
di costruzione, l'insieme tozzo e goffo, la sovrabbondanza
e il nessun gusto negli ornati, i valentissimi maestri comacini ritrovarono il modo di costruire con solidità, di
archeggiare a tutto sesto, di ornare con robustezza e con
gusto.
Non si arrischiarono però sulle prime di costruire
grandi vòlte, e le più antiche chiese di architettura comacina sono ricoperte con intravature a cavalietto.
Uno dei principali caratteri della maniera lombarda
è nel portale delle chiese per lo più in marmo. La luce
di esso è una strombatura che si restringe da fuori in dentro ed è adorna di archi girati immediatamente a tutto sesto, su colonne o stipiti; a misura che il vano si restringe, diminuisce il raggio degli archi; le colonne e gli stipiti
per lo più sono adorni di figure scolpite in maggiore o
minore rilievo; gli archivolti ad intagli con rosoni, fogliami, nodi, il tutto eseguito con finezza e gusto inappuntabile nei migliori portali appartenenti a questa maniera.
Appena qualche finestra ristretta e lunga con archivolto
in marmo intagliato lascia penetrare nell'interno della
chiesa una quasi penembra che invita al raccoglimento
ed alla preghiera. Spesso la finestra collocata al di sopra
del portale fa di sé vaghissima mostra in un rosone magnifico a traforo con lobi ed intagli disposti con incantevole armonia; i raggi che mettono al centro del perfetto
circolo della corolla sono il più delle volte due ordini di
eleganti colonnine, e non è raro il caso che la luce penetri
nell'interno da pertugi praticati nelle pareti posteriori delle
gallerie sovrapposte al portale.
In fondo la maniera comacina o lombarda altro non è che il risorgente stile romano; il carattere suo originale sta nella maniera di aprire e ornare le luci.
Ma uno dei caratteri più spiccati dell'architettura di
questo stile lombardo, sta in un genere tutto proprio di
ornati, cioè l'immensa moltitudine di animali simbolici
che si ammirano nei monumenti. Nel muto loro linguaggio essi non solo rappresentano un monumento importante dell'arte scultoria, ma ne danno plasticamente rappresentato il più spiccato carattere della civiltà e della scultura di quell'epoca, che può dirsi primordiale della presente.
Il linguaggio simbolico appare costantemente in tutti i secoli d'ignoranza, siavi l'ignoranza per eccessiva vecchiezza, siavi per eccessiva giovinezza.
Gli antichissimi popoli usarono i simboli perche non
avevano ancora scoperto l'alfabeto; di essi si fece grande
uso in Italia nei secoli di mezzo, perché l'alfabeto non
si apprendeva dalla stessa immensa maggioranza dei re,
dei ricchi e dei poveri.
Difficilissimo è interpretare i simboli giusta la mente dei loro autori, ma la difficoltà è nella
sostanza non nell'apparenza, e quindi per la gente ignorante questa valeva di più; un portale tutto scolpito a simboli era un libro aperto in cui ognuno leggeva tutto ciò
che gli talentava, ed il più delle volte gli antichi tipi di
ammali rappresentati sono creazioni di fantasie ascetiche,
di frati, del medio evo.
Oltre ai notati caratteri speciali nell'architettura di
questo tempo, in generale in questi edifizi si trova molta
solidità, un archeggiare in tutti i sesti con molta disinvoltura, la generale linea architettonica di bene inteso gusto; ma tuttavia quegli architetti si arrischiavano di rado
a costruire le vòlte grandiose delle chiese, e quelle che in
esse si vedono sono tutte di epoca posteriore. Il voltare
e costruire cupole di arditissima grandiosità spettava ad
un'epoca artistica più progredita.
Nel secolo XII mentre nell'Italia settentrionale insieme alle libertà municipali che largamente si svolgevano, prosperavano le lettere e le arti, una monarchia fondata
nell'Italia meridionale per opera dei magnanimi e fastosi
principi Normanni fu causa dell'incremento e progresso
di ogni disciplina.
Ciascuna provincia gareggiava nell'accordare splendida protezione alle arti e agli artisti; fu un
risveglio universale, una tendenza generale a migliorare,
con le materiali, le condizioni morali degli individui e dei
popoli. Le arti, che da principio per opera dei miniatori
che tanto illustrarono, per tacer d'altri, i Cenobi di Montecassino e di S. Liberatore alla Maiella, avevan trovato
nei chiostri sicuro ed onorato asilo, venivano man mano
emancipandosi o laicizzandosi.
Prima del X secolo i sacri canoni prescrivevano ai chierici di esercitarsi nelle arti e nella filosofia: ed insieme alle arti anche la letteratura uscì dal Santuario. E mentre, come abbiam detto, fin
dal IX, X e più nelFXI secolo la nostra regione aveva dato splendida prova di non aver trascurato il culto delle
arti, seguendo le nobili tradizioni greche e romane, inalzando chiese e cenobi, e dipingendo con affreschi le pareti delle chiese, nella seconda metà del secolo XI e nel
secolo XII si ebbero opere meravigliose, sorsero monumenti d'ogni sorta e come non andò smarrita la pittura,
l'architettura, già in via di trasformazione fin dal secolo
X e poscia a metà dell'XI, progredì sempre più migliorando ed ingentilendo sé stessa con lo studio sui capolavori dell'arte greca e romana; la scultura, i mosaici, gli
affreschi adornarono i monumenti, ed i fastosi templi esistenti nell'Abruzzo mostrarono con le loro forme architettoniche il progresso e l'eccellenza di questa arte.
Non sono pochi i paesi d'Abruzzo in cui l'alte nei
citati secoli X, XI e nel XII specialmente, lasciò particolari impronte in monumenti, poco conosciuti, perché sorgono in luoghi isolati fra i monti, spesso separati dai principali centri da alluvioni e da nevi.
Facile è lo spiegare come in quei recessi si sviluppasse l'arte e sorgessero monumenti che destano oggi grande ammirazione.
Molte di queste località erano state scelte
a ritiro da monaci che dal V e VI secolo in poi cercarono
un angolo tranquillo e nascosto per riunirsi sotto le speciali loro regole. Nel buio del medio evo, quando il senso
estetico era decaduto, nei religiosi non venne mai meno
il sentimento della natura, che, mentre essi cercavano ritirarsi dal mondo, li induceva a scegliere per loro luogo
di solitudine un'altura dalla quale potevan bene contemplare le bellezze naturali.
Il bisogno di quiete mistica, il
sentimento di un restauro morale ed un alito finissimo
di poesia nella contemplazione della natura rese popolati
i monasteri. Il monaco Almino sul punto di lasciare il monastero per andare alla Corte di Carlo Magno, rivolto al
bei paesaggio, cornice del chiostro, esclamava: «lo non
vedrò più i boschi che ti recingono coi rami intrecciati e
la fiorita verzura, i tuoi paraggi ricchi d'erbe aromatiche
e salutari, le tue acque pescose, i tuoi frutteti, i giardini
tuoi, dove al giglio si frammischia la rosa.
Non udirò più gli augelli che cantavano mattinieri come noi, lodando a
lor modo il Creator......
Attorno alle celle, ai monasteri stabilirono la loro dimora i montanari, e i monaci allargando la loro influenza attirarono gli artisti; il buon gusto dei frati, che si era
già esplicato nella scelta del luogo, si esplicò nel disegno
della loro casa, della chiesa, nella simmetria delle parti,
nella bellezza degli ornati e nel promuovere la edificazione di badie, spedali, case rurali, chiese campestri. Cosi
il sapere e l'arte vissero nel medio evo quasi esclusivamente nei conventi come in un luogo sicuro, e l'erezione di
una badia ritrasse facilmente lo spirito conservatore dell'Ordine, e la struttura bella e ricca rispose ad un'esigenza sociale dell'Ordine stesso. E ciò precipuamente avvenne
nell'Abruzzo, ove la pittoresca bellezza dei monti e la lontananza da ogni rumore mondano attrasse quei che fuggivano dalle lotte, amanti della solitudine, e che scelto il
luogo lo abbellirono a mezzo degli artisti che andavan qua
e là peregrinando ed i quali lasciarono celebrato, se non
il loro nome. quello del luogo che li ospitò.
Fra questi monaci primitivi dobbiamo menzionare
S.
Equizio, morto nel 540, che fu il fondatore di parecchi monasteri nella provincia Valerla, come allora si chiamava l'Abruzzo. Questi Monasteri che derivavano tutti dall'ordine Benedettino ebbero poi come loro faro Montecassino che era già illustre nel secolo Vili ed era il centro di tutto il movimento artistico nelle province meridionali: movimento che si propagò nelle altre regioni d'Europa che inviavano colà monaci per qualche tempo.
Da
ciò venne quella comunanza di vita, di costumi e di cultura di tutti i Monasteri dello stesso Ordine o da esso derivati, e quella uniformità d'indirizzo artistico nelle province del mezzodì ove sorgevano tanti cenobi.
E v'è tanio tesoro di arte nei conventi e nelle chiese
dell'Abruzzo, che da soli illustrarono tutta la storia del
disegno, dell'architettura, delle arti figurative nella nostra regione; storia che si può considerare quale parte di
quella dell'Italia meridionale avendo preso i suoi maggiori
impulsi dalla Campania e soprattutto da Montecassino.
Questa storia monumentale delle arti ne per l'Italia meridionale ne per l'Abruzzo è però ancor slata fatta, e solo
le opere di Vincenzo Bindi (Monumenti storici e artistici
degli Abruzzi) e di Piccirilli (L'Abruzzo monumentale)
l'hanno iniziata.
Dei secoli X, XI e XII ricorderemo an/itutto la più
rinomata abbazia abruzzese col fastoso tempio di S. Clemente a Casauria che era stata fondata l'anno 871 dalla
pietà e munificenza di Ludovico 11 imperatore in un'isola del fiume Pescara. Egli, e gli altri imperatori in appresso
la dotarono di amplissimi privilegi e beni, sicché questo
Cenobio imperiale potè gareggiare di importanza con quel di Farfa.
Nel secolo XII fu sontuosamente rinnovato e
divenne uno dei più splendidi monumenti d'arte, del quale
ancor oggi si ammirano l'ambone ed il candelabro.
Citeremo poi la famosa basilica dedicata a S. Tommaso e S. Giustino, decoro di Chieti prima che Pipino
la ponesse a sacco e fuoco, chiesa la quale venne restaurata e solennemente consacrata dal vescovo Attone nel
novembre 1069: la Badia di S. Maria de Cordia nel contado Teatino, edificata nel 1142.
dove S. Bernardo, a richiesta di re Ruggieri mandò una colonia di monaci cistercensi, ed a 7 miglia da S. Vito, a destra del piccolo
fiume Treste, la Badia di S. Angelo in Cornacchia/io, celebre un tempo e di cui oggi restano solo pochi avanzi gloriosi.
Notevolissime anche sono S. Maria di Bucchianico
inalzata nel 1044 dal conte Teatino Presidio della quale
fu primo Abate il Capuano S. Aldemario, fondatore nel
nostro Abruzzo dei monasteri di S. Clemente di Guardiagrele e di S. Pietro della Maiella: la Badia di S. Maria
in Montepfanizio presso Patena eretta nel 1020 per opera
di Rotano conte di Chieti: la famosissima Badia di S. Maria di Arabona dell'ordine dei Cistercensi, alla quale Papa Alessandro aveva unito l'altra non meno famosa di
S. Stefano in riva al mare, nella qual Chiesa composta
di una sola navata si ammirava un magnifico ambone che
più non esiste, un superbo candelabro pel cero pasquale,
adorno di figurine simboliche, egregiamente lavorate, e
Parca destinata a raccogliere le reliquie sante, di finissi mi intagli i quali provano sempre più l'eccellenza dell'arte abruzzese ai tempi dei Normanni, salita poi a tanta altezza all'epoca di Federico li.
Inoltre è da ricordare lo
splendido Monastero di S. Giovanni in Venere, sito tra
il Sangro ed il torrente dell'Olivello presso Lanciano, restaurato nel secolo XI da Trasmondo conte di Chieti, il
quale cenobio ebbe a sé soggette 53 fra chiese, abbazie,
celle, grance ed altri minori possessi, confermati nel 1047
allibate Giovanni dall'imperatore Enrico III, e che venne reso più splendido da due Odorisi di Palearia: S. Clemente al Vomano: il celebre pulpito della chiesa di S. Maria del Lago di Moscufo, scolpito nel 1159 da artista
abruzzese e quello non meno insigne della Chiesa di S.
Angelo in Pianella della stessa epoca: il tempio di S. Tommaso di Caramanico, ove si ammirano sull'arco della facciata principale belle sculture rappresentanti Cristo che
alza la mano per benedire ed alcuni santi, opera egregia
del 1180: S. Vittorino celebre per l'ambone fattovi costruire dall'abate Nicola nel 1197. e S. Maria ad Cryptas, bel
tempietto del XII secolo con pregevoli affreschi del XI 1,
Xlll, XIV e XV secolo che tanto illustrarono la storia artistica della regione: S. Liberatore alla Maiella divenuto
celebre nel Xlll secolo per le pitture fattevi eseguire dall'abate Bernardo 1 Ayglerio: la Badia di Casanova in diocesi di Penne, fondata nel 1191 da Margherita madre di
Berardo II, conte di Laureto e Conversano, alla quale venne unita in perpetuo quella di S. Bartolomeo di Carpineto, cospicua e poco distante dalla prima: S. Maria inter
montes eretta da Credinulfo signore di Chieti: le Chiese
istoriche ed adorne di sculture di Elice, Celiino, Montone: i bellissimi pulpiti di pietra, scolpiti a vaghi trafori,
fogliami e simboli, con figure a basso ed alto rilievo, di
S. Paolo di Peltuino, di S. Maria di Bominaco, della Cattedrale di Pentima: la bellissima porta con fregi, colonnine e statuette di S. Maria di Collemaggio di Aquila: S.
Stefano in riva al mare fondato da Gisone nell'860, divenuto illustre nel secolo XII: i Monasteri di S. Nicola a
Tordino e S. Giovanni a Scorzone il primo dei quali sorse per opera di Trasmondo nel 1004 ed il secondo di Teu-
tone nel 1005, e sopra tutti il tempio di S. Flaviano, che,
fondato all'epoca della traslazione delle ossa del santo,
fu portato a compimento nei secoli XI e XII.
Tutte le facciate delle Chiese nell'Italia media, rinnovate poi nel Rinascimento (secolo XV), s'ispiravano ad
una grande semplicità, ed anche quando Pimportanza del
monumento o i mezzi di cui si disponeva permettevano
un certo sfoggio d'ornamentazioni, il genio dell'artista
si limitava tutt'al più alla decorazione di porte e finestre
ricchissime. I maestri comacini e lombardi erano per lo
più artefici destinati all'abbellimento degli edifici; essi davano ad ogni opera l'impronta della loro architettura nazionale.
Ricordiamo le facciate di S. Maria di Rosciolo,
la chiesa di Albe nella Marsica. S. Agnese, S. Giusta, S.
Domenico in Aquila, la chiesa della Tomba in Sulmona.
Hanno tutte la sola decorazione di una porta ed una finestra circolare o come si suoi dire a rosone.
Questo tipo di architettura se non ha grande originalità, ha pregi tali da fargli assegnare un posto nella storia dell'arte nostra. La porta or più o meno svelta nelle
forme è costantemente architravata e fornita al di sopra
di un arco di scarico pieno a sesto tondo o a sesto acuto
indifferentemente usati.
Ai lati due colonnine al di fuori del muro e due o
più colonnine simili nello spessore dello squincio salgono da uno zoccoletto fino all'imposta dell'archivolto dove sui capitelli girano le stesse linee e gli stessi risalti, accompagnando in curva l'arco di scarico. Ma tale organismo ha particolari variabilissimi secondo gli esempi; le
colonnine non sono sempre tonde, ma spesso ottagono
o a spirale, o intagliate in modo bizzarro, ed i cordoni,
che ne sono la prosecuzione nell'archivolto, hanno in tal
caso la stessa ornamentazione e lo stesso intaglio. Solo
le due colonnine esterne non hanno in corrispondenza un
cordone, ma una specie di gola o guscio per lo più intagliato a fogliami che costituisce il labbro esterno dell'archivolto.
I capitelli sono a gemme od a foglie intagliate
di carattere e di forma sempre varia, e non isolati a ciascun elemento, ma estesi anche a ridosso del muro, che
funziona così da pilastro.
La lunetta è qualche volta decorata da sculture, ma
più spesso ha un affresco rappresentante la Vergine fradue figure di angeli o di santi.
Il rosone corrispondente
al di sopra della porta ha una larga mostra tutta all'ingiro, intagliata con molta varietà a foglie od a cordoni e
la luce spartita da una ruota combinata riccamente con
una serie di archetti tondi o acuti, quasi sempre trilobati
che danno una vaghezza tutta particolare a queste finestre di cui l'arte gotica e lombarda han lasciato meravigliosi esempi.
Tali elementi bastarono perché il genio dell'artista,
fecondo sempre di nuove idee, potesse sbizzarrirsi in mille
guise da formare disegni sempre nuovi e variati benché
somiglianti nelle linee generali.
Non sempre due parti di uno stesso monumento ossia due opere vicine fra loro come la porta ed il rosone
di una stessa facciata, manifestano la loro provenienza
da una stessa scuola e da una stessa epoca. Le chiese, scarse a denaro, facevano le opere poco per volta e gli artisti
lombardi di passaggio in questi paesi vagavano qua e là
dove l'urgenza richiedeva. Cosi mentre il rosone della
chiesa d'Assorgi non è della stessa mano che scolpì la porta ciò è per la chiesa di S. Agnese in Aquila.
Il rosone
di Assorgi somiglia ad altri due rosoni gemelli, uno a Rosciolo e l'altro ad Albe, tanto che le tre opere, diverse solo un po' nelle dimensioni e in qualche particolare, possono dirsi dello stesso artefice. Ne può affermarsi che siano opere di tre maestri vissuti in epoche diverse, che si siano copiati, ove si pensi che a questi paesi si accedeva
con difficoltà e a dorso di mulo.
Comunissimi poi erano i pulpiti nelle chiese abruzzesi che a somiglianzà delle cattedrali del mezzodì d'Italia sfoggiavano nella ricchezza di uno o talvolta due amboni, in cornu Epistolae e m cornu EvangeliL Molte chiese
ne van superbe, come S. Nicola a Prata Ansidonia, S. Maria di Bominaco, S. Pelino a Pentima, S. Giusta a Bazzano, S. Maria del Lago a Moscufo, S. Clemente a Casauria eco. In ognuna di queste l'ambone del XII o X11I secolo nella navata centrale, addossato per lo più a una colonna o ad un pilastro, spicca per ricchezza d'inlagli e di
sculture, in modo da parer qualche volta anche sproporzionato con la semplicità dell'ambiente.
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La chiesa di S.
Paolo, detta di Peltuino, sorgendo sulle rovine dell'antica città che poi riedificata dai Normanni si chiamò Ansidonia, possedeva il pulpito ora esistente nella chiesa di
S. Nicola del Comune di Prata, ove fu trasportato forse
nel secolo XVIII.
È un vero tesoro d'arte-scultoria medioevale che porta scolpita la data del 1240, senza nome
dello scultore.
Altro simile ambone è nel vicino paese di Bominaco
nella chiesa dedicata a S. Maria, della quale le memorie
più antiche rimontano al 1001, benché sia ritenuta di maggiore antichità. È meno bello di quello di Prata, ma non
è meno interessante portando la data del 1180. Ha sul davanti un grandioso candelabro pasquale in forma di una colonna a tortiglione, poggiata sul dorso di un Icone.
Benché il primo sia posteriore al secondo di 60 anni, una stessa
scuola si scorge nei due lavori, la quale afferma potentemente uno stile. Il tipo più comune di questi pulpiti era
costituito da quattro o più colonne sorreggenti un architrave e quattro davanzali ornati con fregi, con pilastrini
ed intagli finissimi, fra cui sempre risaltano grandi fiori
rotondi o rose tutte varie e ispirate alla più bella arte greca.
La passione di fabbricare basiliche e conventi ornati
di pitture e di opere di scultura non venne mai meno
nell'Abruzzo.
I materiali impiegati nell'età di mezzo, specialmente
nelle costruzioni in vicinanza della catena degli Appennini, furono i calcari bianchi più o meno saccaroidi del lias
e del cretaceo, come si osserva nei conventi di S. Clemente
a Casauria, di S. Bartolomeo alla Nera, di Casanova presso Civitella e nella chiesa di S. Maria in Ronzano.
Cosi
pure nella parte ornamentale del Duomo e in quasi tutti
i monumenti antichi dei bassi tempi in Teramo furono
impiegati materiali provenienti dalle rocce eoceniche delle antiche cave di Joannella.
Nei monumenti invece più vicini al mare, sia per la
difficoltà del trasporto dei calcari della montagna in quei
tempi in cui difettavano buone vie, sia per la bontà del
travertino e del tufo dei terreni quaternari e degli ottimi
laterizi forniti dalle località, a preferenza furono impiegati questi materiali, non senza esser, secondo i casi, maestrevolmente alternati con calcari bianchi e marmi bellissimi, i quali ultimi fino da quei tempi si importavano in
Abruzzo facilmente per la comodità dei porti di Atri e
Pescara.
Ne risultò un impiego di materiali molto differenti
sia per natura che per provenienza. Infatti si osserva che
il palazzo dei Duca di Acquaviva in Atri è costruito con
ottimo travertino, mentre una delle cappelle del Duomo
è di calcare del monte Maiella e la facciata è di pietra proveniente dalle cave dell'istria. Slmilmente fra i ruderi dell'antichissima chiesa di S. Flaviano in Giulianova si trovano colonne di marmo bianco: del pari di marmo era
il vago portone ricordato dal Palma nella chiesa di S. Maria a Mare or non più esistente, mentre nella facciata della Chiesa di S. Maria di Propezzano si ammira una cornice adorna di un piccolo fregio di mattoni sagomati ed
una elegante finestra rotonda con pregevoli decorazioni
in terra cotta di vago effetto.
Cosi pure nella chiesa di
S. Maria dei Lago in Moscufo la porta d'ingresso è adorna di marmi lavorati e l'ambone è di travertino; come infine, per non citar altri esempi, nella Chiesa di S. Angelo
in Pianella si ammirano due svelte colonnette di mattoni
e una sottile finestra con eleganti ornamenti di marmo..
La diversità di materiali si differenti per natura e provenienza, il clima così vario nel breve percorso dai monti
al mare, il contrasto sensibilissimo fra l'imponenza maestosa dei monti, la ubertosa fertilità delle colline e la ridente amenità della spiaggia marina, mentre danno al paese quell'aspetto di bellezza singolare, fiera e maestosa, rilevata dal Gregorovius, doveva senza dubbio dare all'architettura dei monumenti abruzzesi una impronta caratteristica corrispondente.
Per vero mentre da una parte si
ammira l'architettura severa e maestosa nei castelli merlati e nei palazzi signorili degli antichi feudatari, dall'altra parte troviamo con sensibile contrasto l'architettura
gaia e gentile ricca di bellissimi marmi in chiese e monasteri disseminati presso le ridenti sponde del mare.
Non vennero in quell'epoca impiegate le arenarie e
poco i gessi come pietra ornamentale, del pari che le calci idrauliche, i cementi, le pozzolane, il bitume e l'asfalto non erano conosciuti: però furono adoperate le calci
grasse che davano alle malte aeree una grande consistenza e resistevano anche mediocremente alla umidità. Autore:
Andrea Pilotti
Arte in Abruzzo
Affreschi ¤ Archeologia ¤ Arte contemporanea ¤ Arte medievale ¤ Arte preromana ¤ Arte rinascimentale ¤ Arte romana ¤ Ceramica ¤ Cesellatura ¤ Oreficeria ¤ Pittura ¤ Scultura
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