Giulianova Calcio

La passione per il calcio a Giulianova si impone piuttosto tardivamente rispetto ad altri sport. Il diritto di primogenitura, infatti, spetta alla pratica del 'velocipedismo', termine allora in uso per indicare il ciclismo.

Uno sport indubbiamente elitario, riservato agli appartenenti alle classi più abbienti, come il conte Andrea Acquaviva d'Aragona, eclettico rampollo di una illustre famiglia aristocratica, tra i pochi a possedere in queste nostre contrade un velocipede di tipo "Kangaroo" di provenienza britannica.

Addirittura nel 1887 esordisce proprio a Giulianova "II Velocipede", periodico diretto da Adolfo Bucci e organo dell''Agenzia velocipedistica inglese in Giulianova, forse il primo giornale a caratterizzazione sportiva fiorito in Abruzzo, un anno prima che Savino Cichetti inaugurasse in città, dopo essersi congedato dall'Esercito come sottufficiale del Reggimento Cavalleria "Alessandria", una scuola di scherma destinata a fare proseliti fra i concittadini. Sino a buona parte del primo Novecento, dunque, la passione del giuliese sarà per la scherma e per le due ruote, grazie anche ai successi conseguiti da un illustre concittadino, Costanze Tritoni, sportsman di eccezionale valore - benché oggi quasi del tutto dimenticato - che nel 1896, a poco più di vent'anni, era stato acclamato dai suoi corregionali come una sorta di eroe nazionale essendosi classificato primo degli italiani (e terzo nella classifica generale) nella insidiosa gara ciclistica Milano-Monaco di Baviera.

Dobbiamo attendere gli anni immediatamente successivi alla Prima guerra mondiale per riscontrare a Giulianova qualche timido segno di interesse nei confronti del calcio. D'altronde questo giuoco - pur presente nella tradizione rinascimentale italiana, specificamente fiorentina, ma con ben più remote origini greche e romane - penetra in Italia, paradossalmente, grazie agli inglesi, ai quali va riconosciuto il merito di aver assegnato al football la prima regolamentazione tecnica moderna, destinata all'applicazione internazionale.

E così, mentre già nel 1863 a Londra nasce la prima federazione sportiva col nome di Football association, in Italia solo sul finire dell'Ottocento si assiste alla fondazione delle prime società di calcio, che non casualmente vengono denominate all'inglese. Nel 1887 vede la luce, a Torino, 1' International Football Club', seguiranno quindi, nel 1893, il Genoa Football Club e il Milan Football Club, rispettivamente a Genova e Milano.

Nel giro di appena un decennio il nuovo sport conquisterà tuttavia il favore delle folle, tanto che nel 1898 si avverte la necessità di dare vita alla prima Federazione Italiana. Il 1898, peraltro, è anche l'anno a partire dal quale si disputa il campionato della massima categoria (divisione nazionale), vinto pressoché sistematicamente sino al 1904 dal Genoa F.C., mentre il Milan si imporrà nei campionati del 1901, 1906, 1907, la luventus di Torino in quello del 1905 e la ProVercelli nel 1908 nonché nel 1909, anno nel quale la Federazione Italiana assume l'attuale denominazione di Federazione Italiana Giucco Calcio, meglio conosciuta con l'acronimo FIGC.

Nella nostra regione la prima compagine ad esordire sembra sia stata quella dell'Associazione Calcio Pro-Vasto, la cui data di nascita viene fissata addirittura al 1902 (lo stesso anno in cui venne fondata la squadra del Vicenda), con le iniziali partite disputate nella cosìddetta spianata Aragona, sebbene spetti al capoluogo di regione il primato nell'aver costituito ufficialmente la prima squadra di calcio modernamente e professionalmente intesa, Y Aquila Football club, le cui iniziali partite vengono giocate nel marzo 1915, proprio quando ad altre latitudini rispetto alle nostre il Genoa F.C. consegue la nuova vittoria nel massimo campionato dopo le affermazioni del Casale (1914), della solita ProVercelli (1911, 1912 e 1913) e dell'emergente Internazionale F.C. (1910), squadra destinata a fondersi con VU.S. Milanese e quindi a confluire nell'Ambrosiana.

Per l'Abruzzo si tratta tutto sommato di esordi pionieristici, con sfide giocate su campi di gioco provvisori e precari, spesso poco più di spiazzi periferici assediati puntualmente dal fango dopo ogni pioggia. A Teramo, ad esempio, il calcio conosce il suo esordio il 15 luglio 1913 con una partita giocata in un campo di fortuna allestito in Piazza d'Armi, mentre a Lanciano il football viene praticato l'anno seguente nel campo della Fiera. Per quanto riguarda Giulianova, le scarsissime notizie e gli ancor più deficitari dati documentar! impediscono di attribuire una data certa alle iniziali dispute calcistìche.

Tuttavia un documento fotografico attesta senza ombra di dubbio che la "sfera di cuoio" era esordita in città già dal 1920, allorquando venne giocata una partita di calcio, forse la prima in ambito locale, secondo un'impostazione del tutto estemporanea. L'attività calcistica, infatti, qui come altrove è ancora lontana da tentativi di razionalizzazione e ancor più da modelli professionali: come già sottolineato i campi da gioco, quando esistono, sono assolutamente irregolari e non idonei, con porte sistemate alla meglio utilizzando lo spazio naturale intercorrente tra due alberi. D'altronde le ferite della Prima guerra mondiale non si erano ancora rimarginate e a Giulianova, come in ogni altra località piccola o grande, si tentava con non poca fatica di fronteggiare la continua rarefazione delle derrate alimentari ed il conseguente aumento dei prezzi dei generi di prima necessità, insieme con altri non meno gravi problemi di ordine sociale derivanti dal lungo conflitto bellico da poco cessato.

E' certo tuttavia che due anni dopo, esattamente il 3 settembre 1922, a Nereto si disputò nel campo boario della cittadina vibratiana una partita tra la compagine locale e la squadra del Giulianova, valevole per il torneo provinciale a quattro squadre e sotto l'egida della FIGC, che in quell'anno vedeva coinvolte anche le formazioni di Rosburgo (l'attuale Roseto degli Abruzzi) e di Tortoreto. La squadra giuliese già in quel tempo - come riferisce Vinicio Ciafrè nel ripercorrere la storia del calcio a Nereto - si mostra ben strutturata potendo contare su «alcuni elementi di notevole esperienza ed altri di elevata tecnica.

E' intuibile, pertanto, come la pratica calcistica avesse ben attecchito a Giulianova, tanto da rendere la squadra particolarmente temuta da parte delle altre formazioni. L'anno in cui però lo sport del calcio viene ufficialmente consacrato nella cittadina adriatica è il 1924. Le buone prove date dalla squadra locale ed una montante passione per questo sport spingono alla costituzione della Società Sportiva Giuliese. Artefici ne sono, oltre ad Antonio Del re e Michele Di Pietro, l'industriale quarantenne Amato Alfonso Migliori e il coetaneo ed amico Italo Foschi, affermato avvocato originario di Corropoli.

L'atto costitutivo della squadra ufficiale destinata a rappresentare Giulianova nell'allora ancora incerto panorama calcistico regionale nasceva, quindi, con un avallo autorevole. Migliori, infatti, esponente di una doviziosa famiglia protagonista delle vicende economiche ma anche socio-politiche giuliesi sin dall'ultimo Ottocento, di qui a un anno sarebbe diventato - a fronte di un innegabile successo personale ottenuto nelle elezioni del maggio 1925, ben 1026 preferenze conseguite su 1271 votanti - sindaco della sua città, il primo nel nuovo corso politico successivo alla Marcia su Roma, e quindi podestà.

Quanto a Foschi va ricordato che egli, fratello dello scienziato Vittor Ugo, nel 1927 avrebbe fondato a Roma, città dove svolgeva la sua attività professionale e nella quale aveva trasferito la residenza, la Roma Calcio divenendone presidente dopo la riunifìcazione delle società Alba, Fortitudo e Roma. La società calcistica giuliese presieduta dal Migliori, e della quale si ricordano come giocatori Attilio Battistelli, Domenico Poliandri, Attilio Federici, Davide Braga, Alessandro Ettorre, Cesare Pettinari, Riccardo Di Silvestre, Vincenzo e Giacinto Cerini, Agro Di Teodoro e Antonio Tentarelli, avrebbe tuttavia risentito non tanto della gracilità dell'apparato societario quanto delle insufficienze logistiche, rimanendo pertanto esclusa dalla partecipazione sia al Primo Campionato Abruzzese di calcio avviato nell'aprile 1925, sia al Campionato "Coppa Guido Gentile" organizzato a Chieti nel gennaio dell'anno seguente e riservato alle squadre minori o a quelle che non avevano partecipato nel 1925.

A pesare sull'esclusione della Società Sportiva Giuliese è la mancanza di un campo da giucco regolamentare, condizione imprescindibile per l'inserimento nei campionati ufficiali del tempo e che determina la mancata partecipazione, oltre alla compagine giuliese, delle altre squadre attive nel Teramano.

Ciò non impedisce comunque che la Giuliese, come spesso viene chiamata la squadra del presidente Migliori, possa disputare una serie di partite schierando i suoi uomini contro alcune compagini della provincia, come la S.S. Castrum di Silvi, che sin dal 1925 può vantare un campo quasi regolamentare, o la temibile Ursus di Castellammare Adriatico. Talvolta a rinforzare la squadra giuliese vengono chiamati alcuni giocatori della U.S. Rosburghese, fondata nel febbraio 1925 e caratterizzata da un dinamismo che la renderà in un brevissimo torno di tempo una tra le migliori e meglio organizzate formazioni teramane.

Prova ne è il fatto che la Rosburghese sarà l'unica squadra in tutta la provincia a partecipare al campionato ufficiale della Federazione nella stagione 1926-27 e rimarrà la sola - col mutato nome di Rosetana allorquando si verifica lo spostamento della sede comunale da Montepagano a Roseto degli Abruzzi - a prendere parte ai campionati ufficiali fino al 1929. Quella della mancanza di campi regolamentari nella regione è una questione che giunge a creare disagio quando non addirittura irritazione persino tra i vertici nazionali del Fascismo.

A farsene portavoce è la rivista mensile abruzzese-molisana "II Centauro", condiretta dal giuliese Livio De Luca. In un articolo senza firma apparso nel numero di marzo-aprile 1928, infatti, l'anonimo giornalista dopo aver rammentato che la questione dei campi sportivi «è così grave e urgente - segnando essa la vita delle compagini o degli Enti sportivi - che nessun indugio dovrà ancora essere frapposto alla soluzione di esso;, arriva a criticare ferocemente quei podestà abruzzesi che «sembrano non raccogliere - ad eccezioni di pochi - la disposizione del Partito e fingono di dormire pesantemente».

Una situazione, quindi, di negligenza o - meglio - di indolenza, ritenuta inammissibile in una regione «così ricca di sane giovinezze» e a fronte delle recenti disposizioni governative che, con lo scopo di lenire i disagi finanziari dei Comuni (un problema molto vivo, ieri come oggi), agevolavano grandemente i progetti di realizzazione di campi sportivi consentendo l'espropriazione dei terreni con la formula della pubblica utilità. Solo Chieti, Pescara, Lanciano, Termoli, Roseto degli Abruzzi, Francavilla, Ortona a Mare, Isernia, Larino e la piccola Bussi Officine erano i centri abitati abruzzesi e molisani nei quali - si ricorda ancora nell'articolo - gli amministratori locali avevano portato a compimento la costruzione dei campi sportivi.

«Aquila, Sulmona, Teramo, Avezzano, Campobasso, Popoli, Carsoli, Pratola, Torre de' Passeri, per citare solo le più popolate, non hanno potuto nemmeno assaporare una simile realizzazione», ammonisce l'anonimo giornalista de "II Centauro" che neppure menziona Giulianova. La persistente impossibilità di schierare i giocatori in un campo regolamentare e di partecipare ad incontri ufficiali, spinge proprio in questo anno 1929 il manipolo di appassionati sportivi locali vicini alla squadra ad impostare diversamente la struttura societaria. Il primo risultato sarà nominale: da Società Sportiva Giuliese a Società Sportiva Pro-Italia.

Alla presidenza della nuova società viene chiamato il cinquantaduenne veterinario Attilio Quercetti, un passato di consigliere della locale Congregazione di Carità negli anni Dieci, già Segretario politico del Fascio, protagonista nel 1921 insieme con Antonio Montebello e Antonio De Annibalis della rinascita della banda musicale cittadina ed ora membro del Direttorio locale del P.N.E, il quale sostituisce Amato Alfonso Migliori, quest'ultimo ormai in predicato di cessare le sue funzioni sia di podestà di Giulianova che di vicepresidente del Consiglio Provinciale dell'Economia di Teramo ma comunque rimasto - per così dire - vicino alla "sua" squadra facendosi rappresentare dal cugino Giulio Vina. Ad affiancare il dott.

Quercetti, al quale non difettano ne capacità organizzative ne attivismo, insieme con il ragionier Vina ci sono il cavalier Antonio Cermignani, già comandante del manipolo della Milizia Volontaria Sicurezza Nazionale, lo scrittore e giornalista Francesco Manocchia, il quarantacinquenne Alberto Candelori e il musicista Attilio Torquati, altro significativo esponente di un volontarismo tutto giuliese che si era già messo in luce l'anno precedente presiedendo il circolo musicale filodrammatico cittadino "P. Mascagni". Vestendo le loro casacche azzurre, i giuliesi della S. S. Pro-Italia - allenati dal prof. Scocco - si impegneranno sino al 1932 in una proficua attività semi-ufficiale in buona parte ruotante su incontri amichevoli, nonostante la decisione presa il 15 dicembre 1929 - ovviamente disattesa - di sospendere momentaneamente gli allenamenti per reperire i fondi necessari al rafforzamento ed alla migliore organizzazione della società.

La squadra, giudicata promettente e sufficientemente temuta dagli avversari, schiera elementi prevalentemente locali: Sebastiani, Anastasi, Janni, Ettorre II, Braga, Pipponzi, Di Teodoro, Corini, Ettorre I, Castorani, Gerardini e Testoni. Nel 1933, dopo la mancata partecipazione ai campionati allora disputatisi - quello di Seconda Divisione Marche-Umbria-Abruzzo del '30-'31 e di Terza Divisione nel '32 - finalmente si prospetta per i giuliesi, che vestono ora la casacca nera, di poter sfoggiare la loro preparazione tecnica in una competizione di carattere provinciale che presenta i crismi dell'ufficialità.

Si tratta del Campionato dell'Unione Libera Italiana Calcio, organizzato in collaborazione con il Comando Federale dei Fasci Giovanili di Teramo e con il beneplacito della FIGC. Di qui in avanti, la squadra avrebbe mostrato di disporre di alcuni giovani giocatori destinati a costituire le colonne portanti del calcio giuliese, come Di Teodoro, Granata, Sponcichetti, Paolini, ma anche Foglia e Lucidi, questi ultimi prelevati dalla Rosetana. Nel 1934 e poi nel 1936 la rappresentativa cittadina muterà nome, rispettivamente in F. S. Giuliese e quindi, facendo leva sull'antica denominazione romana della città, in Castrum-Giulianova.

Sono anni elettrizzanti nel corso dei quali la squadra - che adotta il giallorosso come colore sociale - ottiene importanti risultati mostrando autorità, ottima impostazione tecnica, brio e sicurezza, potendo contare peraltro su elementi di sicuro valore quali Lucidi, Setti (infallibile nei calci di rigore), Guarnieri e soprattutto di una vera gloria di quei tempi come Morselli. Gli ottimi risultati conseguiti e la grande partecipazione popolare sollecitano il podestà di Giulianova Alfonso De Santis, peraltro attivamente impegnato nella realizzazione di un imponente piano di opere pubbliche, a provvedere nel 1937 alla sistemazione ed al potenziamento del locale campo sportivo "Castrum" mediante una spesa di 30mila lire, consentendo così di allineare la logistica sportiva cittadina a quella del capoluogo di provincia e della vicina Roseto degli Abruzzi, che già disponevano da tempo di ottimi campi di calcio.

L'effetto tonificante delle iniziative intraprese non tarderà a manifestarsi. L'occasione è offerta nel biennio 1938-1939, quando vengono previsti due campionati, costituiti da una Prima Divisione tutta abruzzese ed una Prima Divisione Marche-Dalmazia. Facendo leva sulla possibilità offerta dai regolamenti, la compagine giallorosa avrà modo di partecipare contemporaneamente ad entrambe le Divisioni, allestendo una squadra per il campionato abruzzese - la Castrum A - ed una, particolarmente agguerrita, per quello dalmata-marchigiano, con i giocatori che si alternano, a seconda delle esigenze, tra la prima e la seconda squadra.

Un documento archivistico datato 21 gennaio 1938, recante disposizioni emanate dal Reggente la R. Questura di Teramo, ci segnala come, in quel periodo, la partecipazione agli eventi calcistici avesse conquistato già ampi strati della popo lazione, rendendo peraltro necessario dispiegare la forza pubblica per fronteggiare turbamenti dell'ordine pubblico che già all'epoca iniziavano ad essere evidente mente frequenti, almeno quando a disputare l'incontro erano le rappresentative giuliese e teramana . «Domenica, 23 corrente, alle ore 14,30, sul locale Campo Sportivo verrà disputata una partita di calcio valevole per il campionato, tra le squadre di Teramo e quella di Giulianova.

In considerazione del grande antagonismo che regna fra le due squadre - si legge ancora nel documento - e tenuto presente che moltissimi sportivi di Giulianova si recheranno a Teramo per assistere alla partita, si rende necessario provvedere ad un rigoroso servizio di P.S. per impedire il verificarsi di qualsiasi incidente.

Pertanto dispongo che per le ore 14 precise di detto giorno si trovino sul posto, a disposizione del Funzionario di P.S. dirigente il servizio, n° 20 Carabinieri Reali, 10 Agenti di P.S. e 10 Guardie Municipali».

Queste misure, invocate per la tutela dell'ordine pubblico, riguardavano il classico derby tra il Teramo e il Castrum-Giulianova, disputato nel capoluogo apruti- no appunto il 21 gennaio del 1938 e che - come in effetti era stato esattamente previsto - avrebbe fatto registrare un'affluenza di pubblico davvero considerevole, tanto da battere ogni record d'incasso. La preoccupazione del responsabile ad interini della Questura di approntare gli opportuni servizi di prevenzione dispiegando ben quaranta uomini tra agenti di P.S., Carabinieri e Vigili Urbani, e le stesse parole usate dall'alto funzionario di Polizia («grande antagonismo che regna fra le due squadre») ci rendono consapevoli del fatto che allora come oggi il rapporto tra le due tifoserie avversarie sottendeva un tortissimo campanilismo, talvolta foriero di turbolenze o - nei casi peggiori - di contrapposizioni violente.

Anche per la successiva partita disputata il 23 marzo tra le rappresentative giuliese e teramana sempre presso il Comunale del capoluogo di provincia, la R. Questura disponeva la presenza di un analogo contingente di uomini: considerando che si trattava di un incontro amichevole, organizzato peraltro in un giorno infrasettimanale (era infatti un mercoledì), ben si comprende quanto il giucco del calcio avesse conquistato adepti ed entusiasti sostenitori.

D'altronde non bisogna dimenticare che la eco delle davvero straordinarie imprese dei nostri giocatori della Nazionale era giunta anche, ovviamente, nelle nostre contrade. Dal 1935 in poi, il nostro calcio aveva infatti accumulato allori su allori, ed un record rimasto insuperato nel tempo, rappresentato da trenta partite consecutive senza sconfitte, con la vittoria degli Azzurri alle Olimpiadi di Berlino del 1936 e al Campionato del mondo di Parigi nel 1938.

In complesso, settantacinque reti nostre (24 di Piola, 14 di Colaussi, 7 di Meazza e 7 di Frossi) contro solo ventotto subite. Un periodo d'oro per il calcio italiano, quello durante il Ventennio fascista, sotto la guida del grande Vittorio Pozzo.

Logico, quindi, che anche in una provincia periferica come la nostra il calcio trovasse margini di attenzione sempre più ampi. Nel 1939, l'anno in cui gli Azzurri piegano a Belgrado e a Budapest gli jugoslavi e gli ungheresi e poi - ancora - i rumeni e i finlandesi, la Castrum diventa Associazione Sportiva Giulianova e con questa mutata denominazione, dopo i successi conseguiti nel campionato marchigiano di Prima Divisione, la compagine giallorossa viene inserita nel girone G della serie C, un girone di grande prestigio nel quale militavano - tra gli altri - la Mater Roma di Fulvio Bernardini, la Supertessile Rieti, il Terranova Olbia, il Pescava e la campana Uva Bagnoli.

Sarà, per quel che ci riguarda, l'ultimo importante campionato disputato prima della Seconda guerra mondiale. Il resto è cronaca minuta, fatta di piccoli ed estemporanei incontri, in un clima che imponeva grandi rigori e sacrifici non lievi. E poi i lutti, tanti, durante il secondo conflitto mondiale, con una Giulianova che conquistava il tristissimo primato della città più bombardata della provincia.

La ricostruzione si sarebbe avviata lenta ma decisa. Trascurando i primi tentativi calcistici successivi alla guerra (con la creazione di una rappresentativa locale denominata significativamente Stella Rossa), la rinascita del Giulianova avviene nella seconda metà degli anni Quaranta, quando la squadra a partire dal 1945 e sino al '48 milita nella serie C presentandosi in campo nel Campionato con Duo come allenatore. La formazione poteva disporre di una tortissima difesa formata dal portiere Rossi, detto "gatto magico" e dai due terzini Di Pasquale e Taffoni, il primo - è opportuno ricordarlo - finito al Bologna in serie A e il secondo successivamente approdato alla Sambenedettese in serie B.

Tra i protagonisti della rinata società calcistica giuliese c'è un giovane aristocratico appartenente ad una famiglia legata da secoli alle vicende sociali, economiche ma anche amministrative della città, il barone Emidio Ciafardoni, figlio di Carlo e omonimo nipote di quel cavalier Emidio che era stato attivissimo promotore - nell'ultimo ventennio dell'800 - di una Società anonima cooperativa per la gestione di una Cantina Sociale Abruzzese nonché, nel 1913, generoso sostenitore nel Comitato pro-ospedale sempre a Giulianova. Emidio Ciafardoni, affettuosamente chiamato Mimi, nato a Giulianova il 4 novembre 1923, giunge alla passione per il calcio dopo una intensa attività sportiva che lo aveva visto eccellere nel ciclismo, nell'automobilismo e nello sport velico.

E9 proprio lui, nel dopoguerra, a ricoprire le cariche di dirigente prima e successivamente - nei primissimi anni Cinquanta - di Presidente della società calcistica del Giulianova, la cui squadra per qualche tempo fu da metà classifica. Tuttavia a seguito degli incidenti occorsi in occasione di una gara interna con la Fermano disputatasi sul terreno del "Bruno Recchioni" nella città marchigiana il 4 gennaio del 1948 - in quell'occasione allenatore era Lo Moro, il quale fungeva anche da giocatore - con il pubblico che invase il campo e con l'arbitro che fu addirittura percosso, a fronte anche degli ingenti danni arrecati, la Lega Calcio giunse alla drastica decisione di cancellare la compagine giuliese dal Campionato.

A seguito delle severe misure si avrà una crisi tecnica e societaria il cui risultato sarà lo scioglimento della squadra giallorossa. Per qualche tempo, quindi, il calcio giuliese verrà rappresentato da una formazione giovanile chiamata Freccia d'oro, nata dalla volontà e dalla mai doma passione sportiva di alcuni tifosi tra i quali Vincenzo (Pierino) Di Felice, che ne sarà il finanziatore grazie anche ad una sua relativa agiatezza economica.

Il peculiare nome dato alla squadra - come si apprende dalla tradizione orale - nasce in maniera pressoché casuale, ed è legato al camion Fiat Ansaldo, soprannominato appunto "La freccia" per la sua velocità, messo a disposizione, per consentire il trasporto di tutta la squadra nelle varie località sede di partita, dal suo proprietario Francesco Falini, Presidente della squadra. Ma è tutta la genesi ed il successivo sviluppo della formazione ad essere circondata da una simpatica aura di volontarismo che sconfina quasi nella leggenda, a rimarcare - se del caso - la straordinaria bellezza, o se si preferisce la "eroicità" del calcio di quei lontani tempi, poveri certamente di mezzi ma ricchi di entusiasmo ed agonismo.

Sicché non deve stupire se persino le suore "cappellone" della locale Congregazione delle Figlie della Carità, generosamente impegnate tanto nell'Ospedale quanto nell'Istituto "Castorani", offrono il loro contributo provvedendo a realizzare le maglie di lana dei giocatori - usate per la prima volta ad inizio campionato nell'autunno del 1948 e indossate ancora sino alla calda primavera dell'anno seguente - le quali recavano come stemma una freccia inscritta in un cerchio, posto a fianco di una medaglietta ovale in metallo recante l'effige della Madonna, fissata con una spilla.

La squadra Freccia d'oro coinvolgerà una folta pattuglia di promettenti elementi locali: oltre al figlio di Vincenzo Di Felice, Attilio, che concluderà la sua carriera calcistica nel 1959-60 giocando con la Rosetana, e alFallenatore-giocatore Valentino Compiani, figlio di Dario, vanno senz'altro ricordati Antonio Buoni, Renato Cassiani, Emilio Della Penna, Giustino Di Giandomenico, Giuseppe Di Donato, Mario Marzi, Primo Piersanti, Giuseppe Torquati, Santino Capoccioni, Francesco Decembrini, Renato Pizzorulli, Francesco Montebello, Falini, Claudio Pettinari e Alfredo Canzanese.

La Freccia d'oro, per quanto nata sotto l'egida dello spontaneismo, conseguirà risultati apprezzabili nel Campionato di Prima Divisione Abruzzese del 1948-49, mentre addirittura vincerà quello successivo del 1949-50, senza tuttavia accedere alla C. Occorrerà attendere la stagione 1951-52, con la società guidata dal Presidente Luigi Granata, per vedere una valida formazione impostata stavolta su basi professionistiche calcare nuovamente i campi da giucco. E' il periodo in cui, sotto la guida dell'allenatore Ettore Brossi, il Giulianova si avvale di buoni elementi tra i quali il portiere Cassiani, il cui nome abbiano già incontrato, ed il centrocampista Falini.

Quanto al campo sportivo cittadino, questo, abbandonato nel dopoguerra il nome del periodo fascista - "CastrunrT - evocatore delle origini romane della città per essere sostituito dal più generico "Comunale", assume proprio nell'anno 1951 la denominazione attuale di "Rubens Fadini" in ricordo del giocatore perito, insieme con gli altri atleti dell'indimenticabile e sfortunatissimo grande Torino, nella nota tragedia di Superga del 4 maggio 1949. La città, che nel censimento del 1951 registra 12.583 residenti, si prepara frattanto - con la costruzione ad opera degli ingegneri Wobbe e Maccaferri del grande zuccherificio S.A.D.A.M. di via Trieste, otto ettari di superficie, 500 operai impiegati per una produzione compresa tra i sei e i novecento quintali di zucchero, e con la quasi contemporanea entrata in funzione dell'impianto di filatura del comm.

Corrado Sciarretta, degli stabilimenti SARDAL e dell'oleificio Serafini - all'impetuoso ingresso di una notevole infrastrutturazione terziaria ed a conseguenti forti espansioni insediative, recuperando, dopo i disastri della guerra, la sua mai abiurata vocazione di stazione balneare. D'estate si balla al dancing dell'Albergo Lido e Parco (il vecchio e glorioso Kursaal Lido) o a quello^ attiguo, del "Calipso Fiorito", sulla terrazza a mare dello stabilimento "Venere" o alla "Nave Azzurra". Ma il cuore del giuliese, eclissata la stagione balneare, batte tutto per il calcio.

E così non sorprende che uno tra i più significativi rappresentati del giornalismo locale, Giulio Bacher, giuliesissimo nonostante quel cognome così atipico alle nostre latitudini tanto da venir spesso deformato, brillante penna del settimanale teramano "II Giornale d'Abruzzo" e del quotidiano "II Tempo", proprio dalle pagine del giornale capitolino nell'edizione 13 maggio 1954 non si periti di definire con l'appellativo dispregiativo di "Mau-Mau" i tifosi lancianesi, responsabili degli atti di violenza perpetrati ai danni dei tifosi giuliesi dopo l'infuocato derby regionale disputato nella città frentana il 9 maggio di quell'anno.

Sarà la lancianese Lea Curti, sempre dalle pagine de "II Tempo", a rintuzzare pochi giorni dopo l'accusa del collega (che erroneamente chiamerà Baker), consentendo a noi di disporre di una ricostruzione sufficientemente fedele, per quanto limitata, degli eventi che spesso caratterizzavano il calcio in quei lontani anni Cinquanta, non immuni - come di qui a pochissimo sarà dato vedere - da recipro- che accuse, tentativi di mistificazione e purtroppo da atteggiamenti che nulla avevano di sportivo, sconfinando essi talvolta nella violenza, sempre irresponsabile e non di rado gratuita.

«Diciamo subito che l'articolo del collega giuliese Baker - inizia la giornalista frentana - ha suscitato un'ondata vivissima di rammarico e di sdegno, per le grossolane inesattezze del suo contenuto, ma la nostra replica sarà scrupolosamente obiettiva. 1) Per spiegare i fatti avvenuti dopo la gara con il Giulianova è necessario risalire agli incidenti che si verificarono in occasione della gara tra il Nereto e il Lanciano quando la squadra rossoneri, allora leader del girone, fu accompagnata da una folta schiera di tifosi: e sulla via del ritorno, al bivio sulla nazionale adriatica per Giulianova, le numerose macchine che portavano atleti e tifosi lancianesi, caddero in una vera imboscata.

Alcuni camion targati Teramo, si erano messi di traverso sulla strada: quando le macchine dei lancianesi furono costrette a fermarsi, una buona centuria di scalmanati giuliesi, si lanciarono all'attacco con furore bestiale. Rompendo maniglie, sconquassando parafanghi, senza risparmiare le persone, cioè giocatori e sostenitori, di cui numerosi furono malmenati, percossi e lasciati a terra sanguinanti.

Tra i feriti: Cesare Paolini, Pietro Lazzari, Francesco Paolo Orlando, ricoverati all'ospedale di Lanciano. Ovviamente vi fu una denuneia all'autorità giudiziaria.

2) Durante la gara nessun incidente si verifìcò a Lanciano: è falso che il Giulianova fu accolto a sassate; è falsa la presunta parzialità dell'arbitro di caratura nazionale, Sbardella di Roma; è falso che i giuliesi giocarono intimiditi. E' vero che fuori dal campo si verifìcò qualche spiacevole incidente, ad opera di quei tifosi locali che avevano ancora sulle carni i segni dell'aggressione subita all'andata, che noi tuttavia deploriamo.

3) II collega giuliese ha fornito un quadro da Gran Guignoi con sottofondo di ombre e di misfatti. A parte il cattivo gusto di un tale linguaggio, l'affermazione bakeriana è gratuita. Pagine indelebili di successi e di trionfi non potranno mai essere offuscate da apprezzamenti arbitrali e da stonature giornalistiche dell'ultimo Don Chisciotte».

Il "caso" sollevato da Bacher non si esauriva con la sapida e circostanziata risposta della Curti, venendo anzi alimentato da un ennesimo intervento ospitato sempre sul quotidiano di Roma, quello recante la firma del lancianese dott. Giovanni Polzinetti, il quale nella sua lettera aperta indirizzata a Bacher lamenta che «non si può con tanta leggerezza dare alla stampa personali considerazioni su una città, solo perché - sottolinea il dott. Polzinetti - fatti riprovevoli siano in essa accaduti ad opera di pochi.

I quali pochi, Lei sa benissimo, hanno agito per i noti fatti di violenza occorsi in prossimità di Nereto a giocatori e sportivi frentani ad opera non di "Mau-Mau", ma da cittadini giuliesi contro i quali è pendente anche un procedimento penale. Non vale che lei non coinvolga nel suo sconsolante giudizio tutta la popolazione di Lanciano, se poi mi pone idealmente la dicitura "noi cannibali" sulle porte della città. Fatta questa doverosa premessa, non voglio dilungarmi sulla confusione da Lei fatta su quanto è avvenuto al di fuori del recinto sportivo e su quanto non è avvenuto sugli spalti e principalmente sul rettangolo di gioco.

Dove il Lanciano ed il Giulianova si sono dati battaglia su una linea correttissima e con tutto il crisma della regolarità. Quanto al saper perdere, faccio appello ai dirigenti e sportivi termolesi che hanno seguito due domeniche fa la squadra del cuore, nella trasferta di Lanciano. Dicano essi se è vero o non è vero che: dopo la gara così influente per il Lanciano ai fini della classifica, e vinta dal Termoli, il pubblico frentano salutò i vincitori con un lunghissimo applauso.

Questo è il pubblico del Lanciano, in essa non mancano i "Mau-Mau", ma anche i "Mau-Mau" hanno applaudito il Termoli. Ciò è segno che essi non vanno ne toccati ne provocati, perché alla violenza non si può rispondere che con la stessa moneta. Lei scrive: "gli incidenti sul campo (ma quali?) suonano mortificazione per lo sport regionale". Già! Gli incidenti occorsi in quel di Nereto e che cosa sono stati, causa prima e determinante di quelli (non) occorsi in Lanciano.

Suonano invece inni di splendido omaggio allo sport, non solo regionale, ma illimitato nel tempo e nello spazio». Tutto questo mentre un'altra bella penna giuliese destinata a durevole fama, Franco Manocchia, figlio del grande scrittore e affermato pubblicista Francesco, dal quale aveva ereditato la passione per la carta stampata, si era impegnato qualche anno prima a seguire il più modesto - ma non meno entusiasmante - torneo calcistico cittadino "Coppa Giovanni Albani", al quale avevano partecipato cinque squadre, la Fadini, la D'Agostino, la Rondinella, la Robur e la Castrum, ed una schiera amplissima di appassionati giocatori che meritano di essere citati.

Per la Fadini: Della Penna, Piersanti I, Braga M., Torquati II, De Felice, Piersanti II, Di Michele, Mobili N., Montebello, Torquati I e Giuliucci. Per la D'Agostino: Braga E., Montebello, Franchini, Di Sabatino, Cassiani I., De Luca II, Capoccioni, Decembrini, Gerardini I, Vallese, Gerardini II. Per la Rondinella: Cappelletti, Ciabattoni, Marà, Di Carlo, Misticoni I, Bontà, Castiglione, Cirillo, Falini I, Cartone e Baldasserini.

Per la Robur: Gialluca, Raimondi, Armillei, Misticoni II, Toscani, Paolini, Franchi, Pierantozzi, Costantini, Cavallini, Falini II e Belfiore. Infine per la Castrum: Di Gennaro, D'Egidio, Paolini G., laconi, Di Pietro, Di Carlo, Perazza, Mauloni, Massacesi, Cassiani, Di Donato, Di Giandomenico e Pierdomenico.

Il torneo si concluse con la vittoria della Fadini, seguita dalla D'Agostino e quindi dalla Rondinella, dalla Robur e dalla Castrum, con gare giudicate emozionanti e mai scorrette, sotto l'occhio vigile di un arbitro d'eccezione innamorato della città dov'era nato nel 1909 e dove aveva iniziato ad indossare nel '39 la giacca nera, la prima nella provincia: Francesco Barnabei. Una figura signorile cara ai giuliesi, quella del "fischietto" Bamabei, pioniere dei giudici di gara abruzzesi e nominato arbitro benemerito nel 1965 dall' allora Presidente della Federcalcio Giuseppe Pasquale, a suggellare una carriera prestigiosa che lo aveva visto in campo, come guardalinee, anche all'incontro di serie A Bologna-Atalanta diretta da Corallo di Lecce, e quindi commissario speciale e di campo.

Davvero un gentiluomo del calcio, venuto a mancare il 29 agosto del 1991 tra la generale e sincera commozione dei suoi concittadini, il quale non disdegnava di arbitrare persino partite studentesche, come quelle disputate nel biennio 1951-52 dal gruppo sportivo della Scuola Tecnica Industriale "Pagliaccetti" di Giulianova diretta allora dall'ingegnere Tito Marucci, altra bella figura di giuliese ancora in attesa di valorizzazione. Gli anni Cinquanta si ricordano da un lato con la straordinaria e indimenticabile stagione 1953-54, quella di un Giulianova invincibile, e, dall'altro lato, con un evento invece drammatico, rappresentato dalla morte, in un tragico incidente stradale avvenuto nell'autunno 1957, del dottor Ernesto Ciafardoni.

In ricordo dello sfortunato trentenne, validissimo dirigente del Giulianova, la società calcistica presieduta dal fratello Emidio (il quale, negli anni '60, cederà il testimone all'indimenticabile Titì Orsini) in concomitanza della partita Giulianova-Del Duca Ascoli, il 6 ottobre 1957, apporrà una targa di marmo allo stadio "Rubens Fadini", nei pressi dell'ingresso riservato ai giocatori.

Terminava così la prima, densa e gloriosa pagina di storia del Giulianova calcio, una squadra che, oltre a rappresentare in Abruzzo quella che nel passato è stata tributaria del maggior numero di calciatori professionisti alle serie maggiori (A e B), in prosieguo di tempo potrà fregiarsi orgogliosamente di sette scudetti tricolori vinti ai campionati italiani nelle varie categorie giovanili: juniores, ragazzi, cadetti e allievi. Un'altra pagina di storia, quella dagli anni Sessanta in poi, altrettanto ed anzi più gloriosa, che - a Dio piacendo - si spera in un prossimo futuro di poter scrivere.